I furti delle macchine da cantiere continua a rappresentare una vera e propria emergenza. Normalmente i malviventi si scatenano di notte e con una serie di escamotage riescono a trasferire la refurtiva nell’est Europa e su altri mercati bisognosi di innovazione. Vediamo in che misura è possibile difendersi o quantomeno creare deterrenti per evitare danni quasi sempre ingenti.
Il furto delle macchine da cantiere è un male diffuso virilmente: tutti i Paesi europei sono vittime dell’odiosa piaga dei furti di questi macchinari, chiunque può svegliarsi una mattina e non trovare più la propria macchina movimento terra.
A quanto pare il sistema è in mano per lo più a bande di europei dell’est - ma spesso sono coinvolti anche ambigui personaggi locali- che procedono più o meno sempre allo stesso modo: rubano la macchina, la nascondono per qualche giorno in modo da guadagnare il tempo per eliminare eventuali sistemi satellitari, o per modificare il numero di telaio, o per ottenere nuove immatricolazioni e poi via… il bottino viene caricato su TIR diretti chissà dove, ma che con buone probabilità si fermeranno a est, in Romania, Bulgaria.
L’altra via di fuga sono i traghetti: con questa modalità i mezzi arrivano in Russia, in Africa, nel Medio Oriente e li troveranno un nuovo padrone e una nuova vita. In altri casi, invece, i mezzi vengono cannibalizzati e i pezzi vengono rivenduti un po’ ovunque, anche in Italia. Oltre alla netta crescita degli episodi criminali, sembra essersi parzialmente evoluto anche l’approccio delle organizzazioni malavitose che puntano su questo business. In questo caso i mezzi più grandi rubati trovano impiego diretto sul territorio nazionale nell’altrettanto redditizio mercato dei pezzi di ricambio. I numeri di Europol, l’agenzia per la lotta contro la criminalità internazionale, negli ultimi tempi non fanno che denunciare un cospicuo incremento della scomparsa di macchie da cantiere. Ogni furto di una macchina movimento terra provoca un danno pari al valore del mezzo, che può variare dagli 80mila ai 300mila, e compromette l’operatività del cantiere in cui è impiegata. Il fenomeno oggi ha assunto dimensioni significative se si considera che in Italia ci sono oltre cinquemila aziende di noleggiatori di mezzi pesanti e che il giro d’affari annuale si aggira intorno ai 2,5 miliardi di Euro.
Venendo a noi, all’Italia, i numeri sono altrettanto preoccupanti e si vanno ad affiancare a quelli tipici del fenomeno dei furti di materiali edili, della sottrazione di gasolio, di attrezzi manuali, o di pannelli fotovoltaici. A essere maggiormente colpiti sono i cantieri edili più isolati, ma nessuno può dirsi esentato, in nessuna provincia, in nessuna regione.
Certo le zone che fanno più gola sono quelle dove vi è un’innovazione più spinta e dove dunque trovano ragion d’essere i macchinari più nuovi, i più appetibili.
A proposito: non esiste una marca o un modello più rubato di altri, ma va detto che i mezzi di taglia medio piccola sono forse quelli più a rischio, poiché sono tutto sommato facilmente caricabili e, in prospettiva, trovano un mercato interessante.
Da inizio 2023 il fenomeno dei furti di macchine movimento terra ha subito un incremento rilevante. I mezzi più grandi, quindi, una volta rubati (come in parte già accade per le autovetture), vengono cannibalizzati e alimentano un mercato illegale, parallelo a quello ufficiale. A testimoniarlo sono anche le diverse centrali di smontaggio, scoperte nelle numerose operazioni condotte sul territorio nazionale dalle Forze dell’Ordine, dove i mezzi vengono ricoverati prima di essere smembrati.
In quest’ottica si spiega anche il significativo aumento non solo dei furti di mezzi, ma anche di quelli parziali, con ad esempio macchine da cantiere che spesso vengono depredate di benne, pale di caricamento, ganci collegati ai sollevatori telescopici, anche mentre sono ferme presso le strutture dei noleggiatori.
Viene segnalato, inoltre, un incremento delle sottrazioni di piccole attrezzature, elettroutensili, generatori e accessori (benne, ganci, forche, martelli…), non solo dislocati nei cantieri ma anche a dimora presso i depositi dei noleggiatori. Si riscontrano anche casi di sostituzione di parti relativamente nuove con attrezzi maggiormente usurati alla riconsegna del mezzo. Il nostro sondaggio rileva, infine, un minor numero di mezzi rubati che vengono immediatamente esportati clandestinamente. Ciò fa pensare alla creazione di un mercato nazionale parallelo di parti meccaniche e pezzi di ricambio ottenuti dallo smembramento delle macchine rubate, che non tocca comunque il noleggio professionale. A fronte di questo boom delle sottrazioni, parziali o totali, cresce l’attenzione da parte dei noleggiatori verso gli strumenti di protezione dei preziosi asset. In particolare sta aumentando la domanda di soluzioni che integrano ed arricchiscono tradizionali sistemi satellitari (spesso schermati dalle organizzazioni criminali con jammer facilmente acquistabili sul mercato) quali, ad esempio, l’utilizzo della doppia tecnologia GPS/GSM e Radiofrequenza in grado di massimizzare le possibilità di recupero del mezzo.
Come reagire a questa seria e lesiva problematica? Il coso di istituzioni, forze dell'ordine e associazioni è unanime e tutto sommato facilmente intuibile e immaginabile: le singole imprese devono fare sistema e collaborare affinchè i furti siano diradati.
Qualora si verificassero, sempre le imprese – e in particolare i noleggiatori – devono (e già lo fanno!) collaborare con le forze dell’ordine e le istituzioni nella ricerca dei trattori rubati. A più riprese e quando il problema si accentua viene chiesta, da un po' tutti gli attori del settore, la realizzazione di un piano sicurezza per le aree cantieristiche.
L’idea è quella di creare una rete di videosorveglianza in cui le imprese edili diventino alleate per dare sicurezza al territorio ed eventualmente elementi utili alle forze dell’ordine; una sorta di presidio nei punti strategici della viabilità delle zone rurali in cui ci sono più rischi, visto l’isolamento, di essere oggetto di attenzione da parte dei malavitosi.
In pratica, le forze dell’ordine non possono garantire un monitoraggio continuo e costante del territorio, dunque spetta agli imprenditori edili e alle Associazioni di categoria il controllo quotidiano. O forse sarebbe il caso di dire il controllo notturno, poiché il momento peggiore, quello in cui davvero non si può stare tranquilli, è la notte.
È li che si concentrano il maggior numero di furti: complice il buio, i malviventi si appostano, aspettano che i mezzi vengano ricoverati e che in cantiere non circoli più nessuno. Poi entrano in azione. Nella maggior parte dei casi non è nemmeno cosi difficile entrare nei capannoni, e cosi, in pochi minuti, il macchinario è fuori dall’azienda, pronto per partire per nuovi e sconosciuti lidi.
Non sempre, però. Perché soprattutto negli ultimi anni, grazie alla tecnologia annessa alle macchine e a quella in dotazione alle forze dell’ordine, molti casi di furto sono stati risolti in extremis, ma comunque prima che le macchine venissero imbarcate per chissà dove. Dunque la tecnologia funziona e può fare qualcosa in questo senso.
Chip nascosti e sistemi di sicurezza hi-tech non saranno la panacea di tutti i mali, ma aiutano. Perché è vero che in presenza di professionisti del crimine, non c’è antifurto che tenga: se vogliono, sono capaci di violare anche i sistemi più sofisticati.
Ma è pur vero che questi sistemi possono comunque contribuire a far desistere i criminali: nel dubbio, soprattutto su macchinari nuovi e costosi, conviene metterli. Cosi come non dovrebbe mai mancare l’assicurazione contro il furto. Difendersi, o per lo meno provarci, si può.
Il più semplice: i ladri salgono a bordo, riescono a mettere in moto, e spariscono alla guida del veicolo che viene successivamente caricato su rimorchio e trasportato via rapidamente. Ovviamente per far si che questo furto avvenga, significa che la macchina non è minimamente dotata di sistemi contro il furto. Soprattutto se il mezzo non è nuovissimo, non occorre acquistare tecnologie sofisticate: talvolta è sufficiente staccare un fusibile.
Senza troppi giri di parole, il cosiddetto edil-sequestro funziona cosi: malavitosi locali (si, perché non è sempre colpa degli altri…) si impossessano indebitamente di un mezzo da cantiere, e dunque chiedono un riscatto al padrone defraudato. Il quale – purtroppo – troppo spesso preferisce non denunciare e assecondare la richiesta, in modo da evitare altre ritorsioni. E cosi c’è chi ha sborsato somme ingenti per ritornare a essere il padrone del proprio mezzo. Ma oltre al danno economico, occorre considerare il danno che si fa a sé stessi e alla collettività: chi sta al gioco dei sequestratori, di fatto, si rende loro complice. E di fatto non fa che incrementare questa odiosa pratica.